Arcinazzo Romano: Villa di Traiano
Il complesso monumentale della Villa di Traiano di Arcinazzo Romano, recuperato attraverso le campagne di scavo realizzate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio tra gli anni 1999 - 2003, si appresta a divenire un Parco Archeologico, dotato di servizi e di un Antiquarium didattico, vitale e propositivo centro culturale con un’innovativa formula di gestione e organizzazione.
La struttura, originariamente collocata nell’ager Afilanus alle pendici del Monte Altuino (catena dei Monti Affilani) a ca. m 900 s.l.m., è stata attribuita con certezza all’imperatore Marco Ulpio Traiano, nonostante non sia direttamente menzionata dalle fonti antiche. Ciò è stato possibile grazie al rinvenimento ottocentesco di condutture idriche (fistulae), databili al 97-102 (probabilmente da riferirsi ad un primo progetto abortito) e al 114-115, che recano il nome del procuratore Hebrus, noto come collaboratore di Traiano stesso.
La costruzione della residenza, avvenuta, dunque, durante il secondo decennio del II secolo d.C. (e forse mai ultimata) su questo altopiano noto per l’abbondanza di selvaggina, fu originata dalla documentata passione di Traiano per l’attività venatoria, nonché dal desiderio del sovrano di dotarsi di un confortevole ritiro privato estivo in cui esercitare, a diretto contatto con la natura incontaminata, le pratiche dell’otium tipiche della nobiltà romana.
Composto da terrazzamenti artificiali sorretti da sostruzioni in muratura e collegati da scale di raccordo, il complesso ha un’estensione stimata intorno ai 5 ettari; conserva murature in alzato realizzate con laterizi e pietra locale detta “cardellino”, calcare poroso color avana, secondo le tecniche murarie dell’opus mixtum e dell’opus vittatum. La platea inferiore, portata alla luce nella sua quasi totalità e in via di musealizzazione, ospitava un grande giardino circondato su tre lati da un portico monumentale; a monte chiudeva la sostruzione della platea superiore, abbellita da nicchie semicircolari e fontane. Dal giardino, fortemente alterato dagli sterri dei secoli scorsi, si accedeva all’insieme di ambienti di rappresentanza situati nel lato orientale del giardino, che ancora oggi conservano alcune testimonianze dell’apparato decorativo del complesso. Al centro di quest’ultimo spicca la Sala del Triclinio, fulcro della Villa, destinata ai grandi ricevimenti ed ai banchetti, probabilmente sormontato da una terrazza belvedere.
L’effetto scenico di questo ambiente era garantito dai pavimenti realizzati con marmi provenienti dalle province dell’impero e dal monumentale Ninfeo, decorato con mosaici e fregi architettonici dedicati al mondo marino, sorretti da grandi mensole in travertino, una delle quali, trafugata e recuperata dalla Guardia di Finanza, ed oggi parte dell’allestimento del Museo. Altrettanto fastosa la decorazione delle sale attigue, costituita da opus sectile pavimentale e parietale, affreschi policromi, stucchi dorati di buona fattura e da numerose colonne marmoree. In questi ambienti sono probabilmente da riconoscere gli appartamenti destinati agli ospiti prestigiosi accolti nella residenza.
Questa zona della Villa (Triclinio e sale attigue) è stata oggetto di un significativo ed innovativo intervento conservativo con una copertura integrale in legno lamellare che, oltre a garantire la conservazione ed evitare il contatto diretto con gli agenti atmosferici, restituisce il senso della volumetria originaria agli ambienti. Le altre zone della Villa non sono state ancora indagate archeologicamente. Si conoscono però alcuni elementi grazie alle indagini elettromagnetiche condotte parallelamente allo scavo che lasciano supporre che i lavori di scavo e recupero di questo importante monumento archeologico riservino ancora numerose e significative sorprese per il futuro.
(testo coop. Il Betilo)